I luoghi macabri: Alcatraz

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La prigione di Alcatraz è probabilmente il luogo di prigionia più famoso in assoluto al mondo, emblema di luogo impenetrabile. Fu utilizzata tra il 1934 e il 1963 come prigione di stato per i detenuti ritenuti troppo problematici o eccessivamente pericolosi per le comuni prigioni statunitensi.

All’interno di quelle celle transitarono praticamente tutti i peggiori criminali americani come Al CaponeRobert Franklin Stroud (l’ “ornitologo di Alcatraz”); famoso per aver trascorso ben 42 anni dei suoi 54 di detenzione in isolamento.

l'immagine raffigura l'isola dove vi era la prigione di alcatraz
Photo: D Ramey Logan

Questo luogo è storicamente conosciuto per l’impenetrabilità e per la durezza delle condizioni al suo interno; soprattutto nel famigerato blocco D, quello in cui venivano scontati i periodi di isolamento.

A rendere estremamente improbabile ogni tentativo di fuga fu principalmente la posizione geografica. La prigione sorge infatti su un’isola nella baia di San Francisco, solcata da gelide correnti marine che rendevano davvero complicata la traversata a nuoto per raggiungere la terraferma.

Oltretutto veniva effettuata una rigidissima sorveglianza armata sul perimetro, all’interno dei corridoi e nei luoghi di approdo delle barche; i secondini avevano l’ordine di aprire il fuoco senza pensarci due volte se un detenuto semplicemente abbozzava un tentativo di evasione.

In 30 anni di attività

furono 36 i prigionieri a tentare la fuga in 14 occasioni diverse più o meno celebri: il più famoso di questi fu il tentativo del maggio del 1946 denominato la “Battaglia di Alcatraz” in cui 6 prigionieri si impadronirono di un intero blocco riuscendo a rendere ostaggio alcune guardie.

Una di esse riuscì a fuggire bloccando l’ultima porta e impedendo così la fuga; purtroppo i fallimentari tentativi di mediazione e il successivo intervento dei Marines portarono ad un bilancio drammatico con 17 guardie e 4 prigionieri uccisi. Altri due, sopravvissuti alla sparatoria, furono successivamente condannati a morte.

 Un altro evento altrettanto celebre fu la fuga famosa del giugno del 1962 ad opera di tre detenuti che, utilizzando ingegnosi stratagemmi, riuscirono ad aprire un varco in un muro corroso dalla salsedine, riuscendo così a raggiungere l’impianto di aereazione.

L’aspetto più particolare della vicenda fu il fatto che i tre costruirono tre finte teste (ancora oggi custodite nel museo) che lasciarono nei letti riempiti di indumenti, facendo credere alle guardie di ronda di essere ancora al loro posto.

Questo espediente permise loro di realizzare la fuga in tempo ed essi non vennero più rintracciati; le versioni ufficiali li considerarono annegati, poiché fu dichiarato impossibile attraversare la baia di notte, in inverno senza un’imbarcazione.

Secondo studi recenti di criminologia pare invece che almeno due di essi, i fratelli Angelin, siano stati avvistati in Brasile e dunque il loro tentativo di fuga fu realmente portato a compimento!

Il carcere

divenne tristemente noto anche per le terribili condizioni in cui i detenuti erano costretti a vivere; soprattutto a causa delle scarse condizioni igienico-sanitarie e per il clima violento al suo interno, causato sia dai detenuti che dalla crudeltà delle guardie. Ciò causò negli anni diversi suicidi, omicidi, mutilazioni e disturbi psichiatrici raccontati da alcuni “superstiti” o da chi lavorava all’interno della struttura.

Ed Wutke fu il primo prigioniero a suicidarsi nella struttura di Alcatraz. Rufe Persful sviluppò invece una forma di schizofrenia e si tagliò quattro dita di una mano, ed era intenzionato a tagliarsi anche quelle dell’altra.

Il carcere era suddiviso in 4 blocchi (A,B,C,D) e arrivò a contenere più di 1500 detenuti.

Le celle

erano anguste e primitive, fornite di letto, tavolo e toilette a muro oltre a un minuscolo condotto di aereazione. Ai prigionieri erano concessi solo pochi diritti basilari quali mangiare, lavarsi e ricevere assistenza medica; ogni altro aspetto era considerato un privilegio (fumare, lavorare, allenarsi, leggere).

Ogni comportamento inadeguato durante il periodo di prigionia procurava al detenuto la sottrazione di un privilegio precedentemente ottenuto, oltre a beccarsi un certo periodo di isolamento all’interno del terribile blocco D.

Esso era formato da celle minuscole, senza suppellettili (alcune non avevano neppure il letto) dove i detenuti non avevano diritto di parlare, di lavarsi nè ovviamente, di poter godere dell’ora d’aria.

In alcuni casi addirittura venivano rinchiusi nudi e subivano soprusi da parte delle guardie come lanci di urine, feci e cibo marcio. Coloro che passarono del tempo all’interno di queste celle le definirono un inferno in terra, tanto da creare il soprannome di “Hellalcatraz” per il blocco D.

La storia del carcere terminò nel 1963 a causa anche agli elevati costi di gestione: la struttura, già alla sua apertura, era abbastanza datata poiché fu costruito nell’800 ed utilizzata come caserma militare. Inoltre la continua usura dei venti marini e della salsedine provocarono enormi danni strutturali.

Fu stimato che per una totale ristrutturazione erano necessari più di 5 milioni di dollari e pertanto il governo decise di chiuderlo. La struttura, però, non venne mai del tutto abbandonata; vista l’enorme fama accumulata (anche grazie al successivo film “Fuga da Alcatraz”) e venne quindi riconvertita a museo, con più di 1milione di visite l’anno.

La visita

ad Alcatraz è, infatti, una delle principali attrazioni turistiche di San Francisco, si raggiunge facilmente con una breve traversata in barca e può essere visitata in un paio d’ore.

Immediatamente il visitatore viene colpito dalle alte e possenti mura che si scorgono già dall’approdo, al suo interno sono visitabili le anguste celle di detenzione come ad esempio “The Hole” (il buco) dove i detenuti più riottosi erano inviati per determinati periodi e subivano un trattamento brutale.

Probabilmente è uno dei luoghi al mondo in cui ci si sente davvero imprigionati ed è facile immedesimarsi in ciò che è successo tra quelle mura; soprattutto pensando che tutti i più efferati criminali dell’epoca vi trascorsero almeno una notte!

Leggende

A creare un contesto ancora più dark, esistono anche alcune leggende su questo luogo; i nativi che occuparono la prigione, parlarono in seguito della presenza di spiriti maligni, relativi però al periodo precedente alla creazione del carcere. Mark Twain, famoso scrittore contemporaneo che visitò il carcere, trovò l’atmosfera dell’isola talmente tetra da descriverla come “fredda come l’inverno, anche nei mesi estivi.” 

La presenza di spiriti e di esperti del mondo del paranormale in loco è stata oggetto di diverse trasmissioni televisive.

Carcere Federale Alcatraz

aperto al pubblico ed è iscritta nel registro dei monumenti storici degli Stati Uniti dal 1986

Serie tv: Dark Tourist

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Sicuramente se si è appassionati di viaggio e di turismo nero, non si può non vedere questa serie tv.

David Ferrier, giornalista e protagonista di questo documentario, esplora in 8 episodi varie città e posti incredibilmente oscuri.

Ogni puntata esplora un paese, focalizzandosi su 3 località in genere:

  1. AMERICA LATINA
  2. GIAPPONE
  3. STATI UNITI (West coast)
  4. GLI STAN (Pakistan, Afghanistan, ecc.)
  5. EUROPA
  6. SUD-EST ASIATICO
  7. AFRICA
  8. STATI UNITI (East coast)

Le varie puntate ci portano in luoghi poco conosciuti ma che sicuramente sono molto appassionanti per i viaggiatori più temerari.

Ferrier non approfondisce eccessivamente ogni luogo ma dà l’opportunità al telespettatore di scoprire posti di cui comunemente non si parla molto.

Non ti resta che guardare la serie e lasciare un commento !

Dark Tourist

Stagioni: 1
episodi: 8
durata episodi: 40 minuti in media
produzione: nuova zelanda
genere: documentario
network: netflix
attore protagonista: farrier david

I luoghi degli attentati: Ground Zero

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L’11 settembre 2001 è una data tristemente nota a tutti: tutto il mondo si fermò.

l'immagine raffigura le torri gemelle l'11 settembre del  quando due aerei si schiantarono sulle torri di manhattan

I TG in edizione straordinaria comunicarono che due aerei si schiantarono sulle torri gemelle a Manhattan, un terzo sul Pentagono e un quarto precipitò nei campi di Shanksville. L’attacco terroristico più devastante dell’età moderna fu progettato da Al Qaeda come monito agli agli Stati Uniti, accusati di odiare l’Islam e di supportare Israele nelle tensioni presenti in medio Oriente dagli anni ‘80.

Figura cardine dell’organizzazione

divenne il noto Osama Bin Laden; egli insieme ad altre figure di spicco del mondo estremista islamico organizzò l’attentato che causo più di 6000 vittime. Oltre alle perdite umane immediate, l’evento causò una profonda crisi economica e aumentò le già presenti tensioni interne in paesi come Iraq, Afghanistan e Pakistan. Ogni visitatore che si reca a New York, farà sicuramente tappa a Manhattan e potrà vedere coi propri occhi la cicatrice profonda lasciata da questo evento sulla città e sul mondo intero.

Il simbolo di ciò che avvenne quel giorno è diventato il cosiddetto “Ground Zero”, termine che significa letteralmente Livello Zero; in passato attribuito alle zone rase al suolo dalle esplosioni atomiche e che adesso rinomina l’area in cui un tempo sorgevano i due grattacieli.

All’interno del World Trade Center è stato istituito un monumento a perenne ricordo delle vittime dell’attentato. Progettato da Peter Walker, è costituto da un campo di alberi con due piscine a riempire le “orme” su cui sorgevano i palazzi.

Al centro di esse sono collocate delle steli in marmo con incisi i nomi delle vittime. Sempre a Manhattan, è possibile visitare il 9/11 Memorial Museum, luogo in cui vengono narrate le commoventi storie di coloro che furono testimoni dell’accaduto.

Grazie a documenti video, audio e fotografici di grande impatto vengono rievocate le sensazioni provate dai passeggeri dell’aereo, dalle persone presenti sulle torri, dai pompieri e i paramedici che vennero in soccorso.

Se avete la lacrima facile preparatevi a piangere a dirotto ma anche se siete più duri di temperamento verrete messi a dura prova. Restare impassibili di fronte alla voce di chi ha visto la propria morte avvicinarsi inesorabilmente è davvero impossibile!

I luoghi del genocidio: Killing Fields

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Nella storia dell’umanità sono diversi i genocidi passati tristemente alla storia, alcuni sicuramente più noti come quelli del Nazismo, altri meno conosciuti dall’opinione pubblica ma non per questo meno crudeli.

E’ il caso del genocidio cambogiano, avvenuto tra il 1975 e il 1979: quando il sanguinario dittatore Pol Pot, capo dei Khmer Rossi, salì al potere. Egli effettuò una politica talmente crudele che decise di eliminare ogni forma di oppositore politico, ogni forma di intellettuale o presunto tale (anche il semplice fatto di indossare degli occhiali era sufficiente) nonché ogni persona ritenuta non idonea al lavoro nei campi.

In questa carneficina non furono risparmiati donne e bambini: egli credeva infatti che ogni famiglia non utile ai suoi scopi andava eliminata “alla radice”, così che i figli, poi cresciuti, non potessero pensare di poter vendicare i loro padri.

Si stima che in quel periodo a perdere la vita fosse un cambogiano su 4: pare infatti che siano morte circa 3 milioni di persone su una popolazione di 8 milioni, in proporzione molto peggio di ciò che fu il Nazismo o lo Stalinismo.

Chi decide di visitare la Cambogia si troverà in uno dei siti di turismo nero più tristi e macabri del mondo ovvero il campo di sterminio di Cheoung Ek, circa 15 km a sud dalla capitale. In questo luogo veniva eseguite esecuzioni continue, sia di giorno che di notte, centinaia di migliaia di corpi venivano ammassati nelle fosse comuni (ad oggi sono state rinvenute 86 ma si stima possano essere circa 10mila). I prigionieri erano spesso costretti a scavare la propria fossa prima di essere uccisi, spesso a badilate o coltellate per risparmio di proiettili. I neonati venivano, invece, sbattuti sugli alberi e poi gettati nelle fosse insieme alle loro madri.

A perenne ricordo di questi orrori

il governo Cambogiano ha costruito un monumento alla memoria, una stupa buddhista con all’interno più di 5mila teschi umani e incoraggia sia i propri cittadini che i turisti a visitare questo luogo per far conoscere una tragedia davvero poco pubblicizzata.

I luoghi macabri: l’Isola delle Bambole

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Le bambole sono un oggetto che da sempre accompagna l’infanzia di bambine e bambini, associate ad eventi gioiosi e di svago.

Tuttavia è possibile che esse possano rappresentare il macabro, non solo con libri, film o videogiochi in stile horror ma anche grazie a luoghi che esistono per davvero, e che ovviamente si possono visitare!

Isla de Las Munecas

in Messico, rinominata anche come “Isola delle bambole” dove la presenza di questi giocattoli rende l’atmosfera tutt’altro che allegra.

La storia di quest’isola ebbe inizio negli anni ’50 quando un contadino, Don Julian Santana Barrera, decise di abbandonare la sua precedente vita per diventare eremita in questa piccola isola immersa nella laguna di Xochilmico.

Egli raccontò che poco dopo il suo arrivo vide annegare una bambina e a distanza di pochi giorni trovò una bambola galleggiare nelle acque paludose attorno all’isola; credendo che si trattasse di un segno e che lo spirito della bambina albergasse in quella bambola la legò ad un albero e si mise ad accudirla. Da allora iniziò ad accumulare tantissime bambole, molte di esse anche mutilate, con pezzi mancanti, quasi con aspetto sofferente e pare che coltivasse il terreno circostante come se dovesse nutrirle.

Ad aggiungere mistero, il fatto che proprio Don Julian mentre pescava col nipote che ogni tanto lo andava a trovare, fu come “chiamato” da una maligna presenza e fu poi ritrovato annegato nello stesso punto in cui sosteneva di aver visto per la prima volta la bambina annegare.

Nonostante sia abbastanza evidente che tutto ciò sia frutto della mente disturbata del contadino, ridottosi in solitudine per tanti anni, il luogo conserva un grandissimo fascino sia per i turisti che per i “cacciatori di fantasmi”: diversi di essi infatti sostengono di aver rilevato nell’isola strane presenze e rumori paranormali.

Il luogo non è facilissimo da raggiungere

si trova 28km a sud da Città del Messico, in un’area paludosa e poco abitata, inoltre è necessaria una traversata in barca di circa 2 ore che può essere effettuata con le Traijnere ovvero delle rudimentali imbarcazioni locali. L’impatto col luogo è molto forte: le bambole usurate dal tempo, coperte da vegetazione, muschi, insetti e piccoli animali, molto spesso mutilate o impiccate, rendono l’isola un posto davvero spettrale, sia di giorno che, ovviamente, durante la notte!

Poco importa se si è soggetti particolarmente suggestionabili o scettici, è davvero impossibile per chiunque rimanere impassibili di fronte a questo luogo unico al mondo nel suo genere.

I luoghi contaminati: Porta dell’Inferno

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La porta dell’inferno: sembrerebbe il nome di un film horror e invece si tratta di un luogo che esiste davvero e si può visitare!

l'immagine raffigura il cratere soprannominato porta dell'inferno che si trova in turkmenistan
Photo: flydime

In realtà gli inferi c’entrano ben poco, poiché si tratta di un luogo creatosi a causa di un errore umano; nel deserto del Karakum, in Turkmenistan, alcuni geologi sovietici praticarono una trivellazione alla ricerca di gas naturale nel 1971.

Poco dopo l’installazione degli strumenti, il terreno sottostante crollò inghiottendo tutto in un profondo cratere pieno di gas metano. L’incidente non provocò vittime ufficiali, ma per paura delle enormi quantità di gas liberatisi, gli scienziati decisero di innescare un incendio sperando di consumare nel giro di qualche settimana tutto il gas presente.

In realtà non andò esattamente cosi; infatti a causa delle fuoriuscite continue dal terreno sottostante, il cratere brucia ancora oggi ed è divenuto luogo di profonda curiosità per tantissimi turisti.

L’attrazione non è facile da raggiungere poiché sorge in un luogo decisamente desolato e impervio; abbastanza distante dalla civiltà moderna (la capitale Asgabat si trova a 260 km), l’unico insediamento vicino è un piccolo villaggio di circa 300 abitanti immerso nel deserto e abitato da popolazione semi-nomade, tra cui si è diffusa in passato l’idea che il cratere fosse opera di una forza soprannaturale.

”Garagum ýalkymy

Proprio la popolazione locale creò tale nome, ovvero “Porta dell’Inferno”, credendo si trattasse appunto di un luogo di confine tra il nostro mondo e quello degli inferi.

Credit: orsobyanco

Questo tipo di viaggio può essere effettuato come campeggio nel deserto; diversi turisti infatti bivaccano nel terreno circostante al cratere, arrivando con fuoristrada e mezzi da cross. E’ possibile comunque con un singolo viaggio (e molta pazienza viste le distanze da percorrere) visitare il luogo in un solo giorno per poi passare la notte nell’albergo più vicino.

Tuttavia il momento della giornata più suggestivo per la visita è proprio la notte; in cui il cratere fiammeggiante nel buio totale del deserto crea un’atmosfera davvero unica al mondo.

Se siete tipi avventurosi e senza paura, questo tipo di viaggio fa decisamente per voi!

2013

George Kourounis, esploratore che si calo’ all’interno del cratere e grazie alle sue indagini è emerso che il esso è largo circa 69 metri e profondo 30; inoltre scopri’ dai prelievi effettuati che al suo interno sono presenti forme di vita, per la precisone alcune specie di batteri capaci di sopravvivere alle fiamme e alle alte temperature.

I luoghi dei disastri nucleari: Hiroshima

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Quando si parla di Hiroshima, chiunque senza indugio associa questo nome al famoso sgancio della bomba atomica da parte degli Stati Uniti, evento che sancii la resa del Giappone nella Seconda Guerra Mondiale e la conseguente fine del conflitto.

Al giorno d’oggi, si tratta di una moderna città giapponese con oltre un milione di abitanti. Nel boom economico/tecnologico del dopo guerra fu completamente ricostruita, nascondendo però un passato molto buio:

6 Agosto 1945 h 8:15

l’aeronautica militare statunitense sganciò la bomba atomica “Little Boy” sulla città giapponese di Hiroshima, seguita tre giorni dopo dal lancio dell’ordigno “Fat Man” su Nagasaki.

Il numero di vittime dirette è stimato da 100.000 a 200.000 quasi esclusivamente civili, altri subirono conseguenze a lungo termine a causa delle radiazioni, con un numero finale di vittime ancora oggi molto difficile da quantificare (si stima oltre il milione).

La visita della città

è un must all’interno di un classico viaggio in Giappone; ma può essere visitata, insieme a Nagasaki, come meta di turismo nero. Essa è facilissima da raggiungere, soprattutto grazie alla moderna rete ferroviaria, sia dalla vicina Kyoto sia da città più distanti come Tokyo e Osaka. Oltre a diverse attrazioni di stampo comune, sono diversi i monumenti che ricordano l’evento; il simbolo della città è l’A-Bomb Dome, uno dei pochi edifici rimasti in piedi nell’area dello scoppio, proclamato nel 1996 Patrimonio dell’Unesco.

A perenne memoria dell’evento furono anche costruiti il Museo della Pace e il circostante Parco della Memoria dove sono custoditi oggetti, testimonianze video e audio dell’evento che portano il visitatore a rivivere lo stupore, l’angoscia e il terrore vissuto dai cittadini che furono letteralmente annichiliti in pochi secondi; nonché quelli dei sopravvissuti che hanno assistito e raccontato lo scoppio del più potente e crudele ordigno militare mai utilizzato nella storia dell’umanità. Queste sensazioni, poi, vanno immediatamente a confrontarsi con la realtà attuale, cioè di una città molto florida e moderna dimostrando come, anche dai disastri peggiori, è sempre possibile ripartire e ricostruire, senza però mai dimenticare il passato!

Fonte: https://www.giapponepertutti.it/

I luoghi contaminati: Novosibirsk

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l'immagine raffigura il lago con acqua blu cristalli che rappresentano le ''maldive russe''
Photo: Ilnar Salakhiev

In un mondo in cui i social la fanno da padrone, è possibile imbattersi in foto, video o storie del lago Novosibirsk.

Con le sue acque blu cristallino, quasi come fosse un dipinto, è stato addirittura ribattezzato come “le Maldive russe”; purtroppo però dietro a questo paesaggio quasi paradisiaco c’è una triste e pericolosa verità.

Il lago

infatti, è un incavo artificiale creato per contenere le ceneri di scarto della vicina centrale termoelettrica della Siberian Generation Company e ha ben poco di naturale: il colore deriva dall’elevato livello di sostanze alcaline liberate dai detriti e, ovviamente, è un luogo altamente inospitale per ogni forma di vita, compresa quella umana.

Un tuffo in questo specchio d’acqua non solo è altamente sconsigliato ma può risultare addirittura fatale vista l’elevata densità del fluido e dal fondale che risulta essere come delle sabbie mobili. Oltretutto, anche se si riuscisse ad uscire dall’acqua, è probabile riportare ustioni e irritazioni visto l’elevato livello di sostanze chimiche in essa disciolte.

Il lago non è facilmente raggiungibile, si trova a sud della città di Novosibirsk, a 200 km dal confine col Kazakistan, inoltre viste le continue visite è ufficialmente non visitabile e sotto controllo da parte delle autorità locali.

Nonostante queste limitazioni, sono sempre di più i curiosi che rischiano una multa (e conseguenze alla propria salute!) per visitare questo luogo e scattare qualche foto mozzafiato, magari utilizzando canoe, sup o piccole barche evitando così il pericoloso contatto con l’acqua.

Questo tipo di esperienza è difficile da consigliare ai comuni viaggiatori, visti i divieti e la pericolosità ma se siete alla ricerca di una particolare avventura e vi trovate nel sud della Russia, potreste ritrovarvi in un luogo unico, in cui la spettacolarità del luogo si fonde con la triste verità: un ambiente tossico, inospitale frutto della mano crudele dell’uomo che altera sempre più spesso la natura per i propri scopi!

I luoghi dei disastri nucleari: Chernobyl

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Il più famoso e devastante incidente nucleare della storia avvenne proprio nella città di Pripyat, dove sorgeva la centrale di Chernobyl.

immagine raffigura la centrale nucleare di Chernobyl
Ph. svedoliver

La città di Pripyat divenne la città fantasma le cui foto simbolo sono diventate un’icona del disastro che ha segnato gli anni 80. La cittadina ricca di vita e di fiorente economia, dopo l’abbandono forzato è diventata un luogo spettrale, dove la natura ha nuovamente preso il sopravvento sui manufatti dell’uomo.

Il 26 aprile 1986

un grave errore di un test di routine provocò due esplosioni nel reattore 4. Il governo sovietico cercò inizialmente di minimizzare l’accaduto, tant’è vero che l’evacuazione prevista doveva durare appena 3 settimane mentre ancora oggi, dopo più di 35 anni, l’area è ancora definita inabitabile visto il livello di radiazioni ambientali.

Visitare Pripyat

non è sicuramente l’esperienza più rischiosa o estrema che esista ma, d’altro canto, neppure scevra da rischi. Il governo ucraino infatti, solo da qualche anno permette le visite nella cosiddetta Zona di Esclusione (dal raggio di 30km) e, ovviamente, solo utilizzando le necessarie protezioni e per un tempo non superiore alle 3-4 ore.

È possibile visitarla solo attraverso agenzie specializzate che organizzano tour a partenza dalla capitale Kiev (distante circa 150km, 3 ore in auto), bardati di tutto punto e comunque su percorsi predefiniti. Ciò nonostante, visitare la città è comunque un’esperienza da brividi: la città ha sempre un forte impatto sui visitatori, soprattutto se si pensa quanto fosse fiorente una città ormai ridotta ad un cumulo di ruderi.

La vista degli effetti personali abbandonati all’interno delle abitazioni è una delle scene più emozionanti, così come la visita nella scuola dove è possibile notare ancora i banchi, i libri e i giocattoli dei bambini. Alcuni fra gli elementi più macabri sono i ritrovamenti negli scantinati dell’ospedale: lì sono stipati i vestiti dei pompieri e degli operai che furono ricoverati dopo l’incidente che, tutt’ora, emanano elevatissimi livelli di radiazioni ionizzanti; inoltre fa sempre effetto pensare che, a poca distanza, seppur coperto da una robusta copertura in cemento, c’è ancora il nocciolo del reattore in attività che impiegherà centinaia di anni per esaurirsi! Il tour include anche la visita alla vicina Foresta Rossa, la pineta vicina alla città: essa fu così rinominata a causa del colore che assunsero le foglie degli alberi una volta investiti dalla nube radioattiva.

Per arrivare a Pripyat

come già detto, occorre rivolgersi ad agenzie turistiche specializzate di cui, la maggior parte, hanno sede nella capitale Kiev: pertanto la migliore soluzione è combinare la visita a Kiev con il successivo spostamento a Pripyat, distante un paio d’ore di auto. La durata della visita è limitata per motivi di sicurezza, la media dei vari tour è di circa 3-4 ore, inoltre è consigliabile utilizzare indumenti di poco valore poiché andranno trattati o addirittura buttati dopo la fine della visita. Ultimo particolare sulla visita: la ruota panoramica che domina la città fu costruita per la Fiera del Primo Maggio che doveva tenersi di lì a qualche giorno e che non fu mai messa in funzione, anch’essa fa parte del tenebroso paesaggio e colpisce il visitatore per la sua altezza.

l'immagine raffigura la ruota panoramica mai utilizzata nella città di Pripyat
Photo: Konoplytska/Shutterstock

Il 1° Maggio

è proprio la ricorrenza scelta dagli ex abitanti di Pripyat per ritornare a visitare la loro città ogni anno. Una città che purtroppo non potrà mai più essere abitata.

Fonte: https://travel.fanpage.it/

I luoghi dei genocidi: Auschwitz

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immagine che raffigurare l'entrata al campo di concentramento di Auschwitz con scritta: Arbeit Macht Frei

La meta principale è sicuramente il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, luogo simbolo della crudeltà nazista durante la seconda guerra mondiale, che ogni anno riceve migliaia di visitatori, sia comuni viaggiatori che personaggi di spicco come i Papi e tanti altri personaggi famosi di origine ebraica.

Il sito costruito nel 1940 come luogo di prigionia per prigionieri di guerra sovietici, capace di ospitare circa 10mila detenuti. Successivamente allargato nei siti di Birkenau e Monowitz diventando un enorme struttura, organizzata per lo sterminio giornaliero di migliaia di persone; per la maggior parte ebrei ma anche Rom, Sinti, omosessuali e prigionieri politici.

Il luogo colpisce, anzitutto, per l’iconico cancello d’ingresso con le rotaie, su cui campeggia la macabra scritta “Arbeit macht frei” ovvero “il lavoro rende liberi”. dava quasi l’illusione ai poveri prigionieri di poter riuscire, attraverso il lavoro, a salvare la propria vita, evento che quasi mai accadeva.

Entrando, è possibile notare le grandi caserme, all’interno delle quali sono ammassati centinaia di letti in legno a più piani, gli enormi spazi aperti in cui venivano accumulati, svestiti e indirizzati tutti i nuovi arrivati che scendevano dai vagoni.

Ogni luogo è pervaso dal silenzio e da un alone di profonda tristezza. Toccante è la visita ai luoghi di accumulo, dove vi erano accatastati gli averi dei prigionieri come occhiali, orologi ma anche materiali organici come capelli, denti per poter essere utilizzati nell’industria del Reich.

L’elemento più macabro

sono senza dubbio le famose camere a gas: spacciate per docce comuni, venivano stipate di prigionieri che successivamente uccisi attraverso miscele di gas letali. I corpi successivamente venivano bruciati in grandi forni crematoi, vista la difficoltà logistica di smaltire in altro modo migliaia di cadaveri al giorno.

Ritengo che la visita del più famoso campo di concentramento della storia sia una pietra miliare del turismo nero, poiché incarna in sè diversi aspetti di questo tipo di esperienza: la prigionia, la crudeltà, il macabro e il forte impatto emozionale/empatico.

E’ una meta adatta ad un viaggiatore giovane, soprattutto di età adolescenziale e liceale, che può vivere in prima persona un’esperienza studiata sui libri di storia, ideale anche per viaggiatori adulti/anziani in cui è in grado di alimentare la cosiddetta “memoria storica”; non dimenticare ciò che è stato affinché non avvenga più in futuro.

Giornata della Memoria

Auschwitz può essere visitata in ogni momento dell’anno ma sicuramente il momento più suggestivo avviene durante il 27 gennaio, giornata in cui nel corso degli anni si sono svolte toccanti cerimonie con la presenza di superstiti riusciti a fuggire durante la liberazione avvenuta nel 1945.